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Reazione e difesa riscattano Trieste contro Agrigento

Articolo tratto da Tsportinthecity a firma Francesco Freni

(Photo credit: sito ufficiale Pallacanestro Trieste)

PALLACANESTRO TRIESTE – MONCADA ENERGY AGRIGENTO 73-57

Pallacanestro Trieste:Obljubech ne, Bossi 2, Filloy 11, Rolli, Deangeli 4, Ruzzier 6, Camporeale ne, Candussi 11, Vildera 17, Ferrero 5, Brooks 17. Allenatore: J. Christian. Assistenti: M. Carretto, F. Nanni, N. Schlitzer.

Moncada Energy Agrigento: Ambrosin 15, Traore ne, Meluzzi, Cohill 19, Caiazza, Fabi 3, Chiarastella 5, Morici 9, Peterson 2, Polakovich 4. Allenatore: M. Calvani. Assistente: M. Morganti.

Parziali: 15-26 / 22-11 /20-11 /16-9

Progressivi: 15-26 / 37- 37 / 57-48 / 73-57

Arbitri: M. Attard, A. Tirozzi, C. Mottola.

I biancorossi giocano per una quindicina di minuti contro loro stessi ed i loro fantasmi, poi si ricordano che esiste pure la fase difensiva e tanto basta per aver ragione di una avversaria modesta e menomata dalle assenze alla quale, nel primo quarto, non pareva vero di essere arrivata addirittura in doppia cifra di vantaggio spadroneggiando senza resistenza apparente con i suoi due unici terminali appena credibili, Cohill e Ambrosini.

Come spesso accaduto in questo ultimo sportivamente difficile mese e mezzo, la squadra di Christian entra in campo spenta ed arrendevole, subisce break anche importanti nelle prime battute di gara, non ha pazienza in attacco accontentandosi del primo tiro disponibile, che troppo spesso è una conclusione da oltre l’arco: in una delle poche partite in cui il confronto fra i lunghi non è nemmeno proponibile, con una evidente preponderanza tecnica, di chilogrammi e di centimetri da parte biancorossa, non sfruttare il vantaggio strategico nel pitturato accanendosi nel tentare conclusioni anche quando la percentuale si attesta sotto il 20% significa aver sbagliato impostazione del piano partita oppure, più semplicemente, non eseguirlo. A giudicare dalla frustrazione misto rabbia esibita da un agitatissimo coach a bordo campo, anche nel primo quarto e mezzo contro i siciliani “minori” a tradire -nuovamente- pare sia stata proprio l’execution. Del resto, quando sei con le spalle al muro, hai un solo risultato possibile ed accettabile a disposizione, i primi fischi cominciano a scalfire l’iniziale indifferenza del pubblico, un po’ di “braccino” è anche normale che ci sia, ma se a questo si aggiunge la consueta lentezza mista a distrazione nella propria metà campo, l’ennesima frittata pare materializzarsi in via Flavia. 

Ma contro Agrigento, pur con l’assenza di Reyes e quella inattesa di Campogrande (mestamente in borghese a bordo campo), la disparità tecnica in campo è talmente evidente che ai biancorossi è sufficiente alzare i colpi in difesa soprattutto su Cohill -sul quale Lodo Deangeli svolge un ottimo lavoro di contenimento- per far letteralmente crollare la produzione di punti siciliana, che proprio sul più bello si pianta letteralmente. Gli uomini di coach Christian appaiono evidentemente più concentrati, evitano i soliti improvvidi cambi difensivi che normalmente aprono autostrade e voragini in area, applicano con diligenza il tagliafuori limitando i rimbalzi offensivi concessi e le conseguenti seconde chance agli avversari. Trieste continua a non brillare in attacco, dove insiste nella sua serata negativa da fuori, ma le è sufficiente cercare con maggiore continuità i suoi uomini sotto canestro per riagguantare gli avversari proprio sul finire del primo tempo. E’ di nuovo Giovanni Vildera ad incarnare tutto ciò che questa squadra dovrebbe essere e quasi mai è stata: tenacia e determinazione, ricerca di conclusioni semplici ma ad altissima percentuale, intelligenza e diligenza anche nel posizionamento sotto canestro, miglioramento tecnico anche in compiti che non gli sono consoni o abituali (come ad esempio andare a difendere in zone più perimetrali), senso della posizione nel tagliafuori. E poi, torna ad intendersi alla perfezione nei pick and roll beneficiando delle letture di Michele Ruzzier. Vildera in questo momento è l’unico giocatore veramente adatto alla categoria ed al compito, detto in senso estremamente positivo: rivaleggia senza problemi anche con i lunghi avversari più temibili e sopperisce al momento non particolarmente esaltante del compagno di reparto, a dire la verità apparso in decisa ripresa contro Agrigento specie nella seconda metà di partita. Il lungo veneto suona la carica, poi sono sufficienti quattro minuti di acceleratore premuto, un paio di conclusioni mortifere di Filloy ed il solito diesel americano di un Brooks che inizia litigando con il canestro e finisce facendoci pace, per mettere decisamente la freccia, accumulare un vantaggio che non scenderà più sotto la doppia cifra ed amministrare senza sforzo apparente un ultimo quarto che fa registrare un non particolarmente esaltante 16-9 ed avversari tenuti finalmente sotto i 60 punti. Intendiamoci, la costruzione del gioco è ancora latitante così come lo spettacolo, le idee in attacco sembrano poche e l’esecuzione spesso affidata più all’estro dei singoli che all’organizzazione, ma almeno vengono limati i difetti più evidenti ed evitate le scelte più scellerate sui due lati del campo, e per il momento tanto basta in partite tanto squilibrate dal punto di vista qualitativo.

Era fondamentale tornare a vincere per interrompere una spirale che stava cominciando a diventare pericolosa, conquistando due punti che peraltro riavvicinano Trieste al quarto posto di Verona che, dal canto suo, fa registrare la sorpresa in negativo della giornata facendosi superare in casa da Vigevano. Ma i risvolti di classifica sono, in questo momento, relativi, anche perchè la terza giornata della seconda fase è monca per il rinvio di numerose partite. Piuttosto, va riacquisita la fiducia nei propri mezzi, va spazzata via la paura, vanno limati i difetti che non possono essere totalmente spiegati dalle assenze, specie quella pesantissima del goto man per eccellenza. Le prime fondamenta di tale processo di inversione del trend stagionale erano state poste, in modo peraltro infruttuoso, a Desio sette giorni fa. La reazione contro Agrigento (con tutti i distinguo del caso nel primo tempo) ed il sapore della vittoria ritrovata sono il pavimento del piano terra. Il percorso, però, è ancora evidentemente lunghissimo. Le soluzioni provate dal coach per sopperire alle assenze non sempre portano i frutti sperati, anche perchè snaturano equilibri di squadra e caratteristiche tecniche dei singoli, sebbene possano probabilmente risultare utili come temporanea arma tattica a sorpresa quando la squadra tornerà al completo. Al momento, però, non aiutano le rotazioni che da cortissime, con l’assenza di Campogrande, sono ridotte all’osso. Contro Agrigento i problemi di falli dei lunghi hanno imposto un impiego un po’ più consistente di Ferrero e Deangeli (sebbene il capitano triestino sia stato investito della missione difensiva più importante), ma si ha l’impressione che il loro minutaggio sia figlio più delle circostanze che di una pianificazione. Ancora ai margini, invece, Stefano Bossi, anche se un recupero del rendimento di Ariel Filloy ridà credibilità sufficiente al reparto degli esterni. La perdurante assenza di notizie su eventuali interventi di aggiunta dal mercato rende spasmodica l’attesa per il rientro di Justin Reyes, il cui recupero sta procedendo secondo i piani, rientro che potrebbe avvenire dopo la pausa per la Coppa Italia di metà marzo in occasione della trasferta a Torino. Un ritorno in campo che, alla luce della difficoltà della seconda metà della fase ad orologio (trasferte a Torino, Trapani e Rieti e sfide casalinga contro Vigevano e Urania Milano) dirà molto delle possibilità di Trieste nei successivi playoff. Una Trieste che, dalle parole di coach e GM, sta lavorando duro anche dal punto di vista fisico per arrivare al massimo delle capacità nella parte finale della stagione. 

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