(Photo Credit: sito ufficiale Pallacanestro Trieste)
Articolo tratto da Tsportinthecity.it a firma Francesco Freni
UCC ASSIGECO PIACENZA 84 – TRIESTE 87
Parziali: 21-24 / 24-27 / 16-16 / 23-20
Progressivi: 21-24 / 45-51 / 61-67 / 84-87
UCC Assigeco Piacenza: Sabatini 6, Querci 5, Veronesi 15, Miller 12, Skeens 10, Filoni 11, Gallo 11, Serpilli 7, Bonacini 7, Manzo NE, D’Almeida
Allenatore: S. Salieri
Assistenti: H. Manzo, A. Susino
Pallacanestro Trieste: Bossi 0, Filloy 29, Deangeli 2, Ruzzier 9, Campogrande 9, Candussi 15, Vildera 6, Ferrero 3, Brooks 14, Rolli NE.
Allenatore: J. Christian.
Assistenti: M. Carretto, F. Nanni, N. Schlitzer
La Pallacanestro Trieste torna a vincere, e già aver interrotto un pesante filotto di tre sconfitte è una conquista. Dimostra in modo evidente di non essere ancora guarita, ma conquistare due punti nel momento più difficile, con la piazza alle calcagna, alla vigilia della madre di tutte le partite, privi del giocatore-faro in permesso a Portorico, è di per sé stesso un ottimo punto di partenza per analizzare una partita che vede in Ariel Filloy il match winner, ma che dimostra anche la persistente inconsistenza di molte delle pedine a disposizione del coach.
L’assenza di Reyes, oltre a creare euforia nello staff tecnico della Assigeco, costringe Trieste a rispolverare soluzioni e virtù che aveva ampiamente dimostrato di possedere in più di una occasione durante la pre season: la distribuzione delle responsabilità nel corso della partita, la capacità di reagire nei momenti di maggiore sofferenza, l’intensità difensiva, l’attenzione nel non gettare troppi palloni al vento, il tagliafuori difensivo, le doti di leadership di più di un giocatore oltre a Reyes. Solo curando la maggior parte di questi particolari, che con il passare del tempo si sono trasformati dalle sue migliori virtù ai suoi peggiori difetti, la banda di Jamion Christian avrebbe potuto sperare di tornare a Trieste con i due punti. La squadra, però, ci riesce solo in parte: di certo trova protagonisti alternativi a Reyes, ma dietro alla performance mostruosa di Filloy (29 punti con 9 su 12 da tre, il canestro vincente in entrata e 30 di valutazione) si fa fatica ad individuare comprimari autori di una prestazione del tutto convincente. Trieste continua a perdere ancora troppi palloni, 18 anche contro Piacenza, ma oltre al numero c’è da considerare il peso specifico di tali turnover, arrivati per la maggior parte nei momenti decisivi della gara nel secondo tempo: sono errori spesso inediti (passaggi orizzontali lenti pigrissimi nella propria metà campo, palloni sporcati dopo la conquista di un rimbalzo), altre volte diabolicamente ripetuti (velleitari tentativi di servire il lungo isolato nelle profondità del pitturato, invariabilmente anticipato dai più dinamici difensori avversari), talvolta di una banalità disarmante, come passaggi sulle caviglie del compagno lungo o il più classico palleggio sul piede di livello UISP. I biancorossi concedono ancora troppi rimbalzi offensivi, ma perlomeno stavolta ne conquistano in numero maggiore rispetto agli avversari, che però li capitalizzano in maggiore misura con seconde e terze chance vincenti. Ed infine, la madre di tutti i difetti: questa squadra non è capace, non lo è mai stata, di uccidere le partite quando riesce ad accumulare vantaggi importanti. Tranne che con la Fortitudo e a Verona (partite nelle quali Trieste ha sempre sofferto), ad ogni break importante che avrebbe potuto portare a vittorie tranquille è seguito un controbreak avversario capace di abbattere fisico e morale, concentrazione ed organizzazione, provocando un blackout sia difensivo che offensivo capace di rimettere totalmente l’inerzia nelle mani degli avversari. Anche contro Piacenza, sul +14 nel terzo quarto, con un Filloy scatenato ed un attacco emiliano sconclusionato ed in rottura prolungata, Christian pensa che sia il momento di dare un po’ di fiato agli autori del maggior sforzo ospite cambiandone 4 su 5. Non passano più di cinque minuti e l’Assigeco è già pronta al sorpasso, con Trieste che spesso non riesce ad arrivare nemmeno al tiro. Perlomeno stavolta la squadra triestina è capace di metterci una pezza, ribellandosi ad un destino al quale chi è abituato a seguire questa squadra in questa stagione aveva già cominciato a rassegnarsi: i biancorossi stavolta non si fanno travolgere dall’intensità e dalla voglia dei padroni di casa, una volta raggiunti sul 67 pari e dopo aver rischiato di dover tornare a rincorrere trovano con grande carattere un paio di canestri (Campogrande e Filloy infilano in quel momento due bombe dall’importanza inestimabile) che ridanno abbrivio e morale in vista di un finale pirotecnico e divertente, nel quale le due squadre rispondono colpo su colpo ed in cui ad avere la meglio è chi può vantare nel suo roster un alpha player di un’altra categoria. Attenzione, a questo proposito, a non cadere nell’equivoco “dietro ad Ariel il nulla”, “se non ci fosse stato Filloy….”. E’ lo stesso discorso che si fece in passato con Reyes: entrambi sono arrivati a Trieste per fare esattamente questo, firmare prestazioni sopra le righe, vincere le partite anche da soli quando serve, avere fra le mani l’ultimo pallone, dare coraggio a compagni sfiduciati. Piuttosto, è anche evidente quanto sia pesata l’assenza di Filloy nelle precedenti quattro partite. E’ palese come la squadra sia nel complesso appena convalescente, sia ancora molto insicura dei propri mezzi, incapace di imporsi in campo, strutturalmente e tecnicamente carente in molti ruoli ed almeno in un paio di elementi, poco avvezza (e sempre meno malleabile) alla gestione talvolta sconclusionata delle situazioni da parte della panchina. Ma finché si troveranno, anche a rotazione, protagonisti di questo livello, con la prospettiva di recuperare anche la leadership finora piuttosto silente di alcuni altri, almeno sotto l’aspetto dei risultati si potrà tornare a sorridere. E comunque alcune performance a Piacenza non sono totalmente da buttare: Brooks, ad esempio, è autore di una doppia doppia da 13 punti e 10 rimbalzi, con qualche sanguinosa palla persa nel finale ma anche tanta personalità nel terzo quarto. Candussi e Vildera fanno valere una certa superiorità sotto canestro con Trieste che prevale 45-31 nel confronto dei rimbalzi conquistati. Ruzzier toppa tre quarti, ma conduce con sicurezza la squadra nel quarto decisivo. Qualcosa arriva da Ferrero (che schiaccia ad una mano a canestro tutta la sua rabbia per un inizio di stagione non alla sua altezza) e Campogrande (che infila comunque una tripla di carattere nel finale), ma nel complesso a latitare ancora è la continuità nell’arco dei 40 minuti.
Ora mancano solo tre giorni al derby con Udine, partita difficilissima dal punto di vista tecnico, ma ancora di più in termini di approccio. Udine ci arriva sulle ali dell’entusiasmo, in striscia vincente, trascinata dal suo presidente e dal suo pubblico, con la grande convinzione di poter fare un grande risultato in Via Flavia. Trieste, dal canto suo, beneficerà del fatto di aver evitato il baratro con i due punti con i quali torna dall’Emilia, ma è ancora un animale ferito, messo in un angolo dal suo stesso pubblico, senza alternative se non quella di vincere. E’ per la città, la curva, la tifoseria intera, l’occasione per tornare a fare fronte comune con una squadra che ora non aspetta altro e che non può certamente farne a meno: superare resistenze, risentimento, delusione, distacco che permeano pesantemente il popolo biancorosso è divenuto qualcosa di indispensabile per riprendere l’abbrivio in una stagione in cui non tutto è ancora perduto. Poi, dopo aver conosciuto il risultato della sfida senza un domani, si potrà tornare a guardare la classifica e cominciare a fare un po’ di conti con la realtà. E, magari, sarà il momento per la società di cominciare a pensare ai possibili correttivi.