Articolo tratto da Tsportinthecity.it a firma Francesco Freni
Pallacanestro Trieste – Acqua S.Bernardo Cantù 73-74 (20-20, 16-16, 9-23, 28-15)
Pallacanestro Trieste: Justin Reyes 23 (4/5, 3/6), Ariel Filloy 12 (2/2, 2/7), Eli jameson Brooks 9 (0/2, 2/7), Michele Ruzzier 8 (0/2, 2/4), Giovanni Vildera 7 (2/3, 0/0), Giancarlo Ferrero 7 (0/0, 2/2), Francesco Candussi 4 (0/0, 1/2), Leo Menalo 3 (0/0, 1/1), Lodovico Deangeli 0 (0/0, 0/0), Stefano Bossi 0 (0/0, 0/1), Matteo Rolli 0 (0/0, 0/0), Danny Camporeale 0 (0/0, 0/0)
Tiri liberi: 18 / 22 – Rimbalzi: 23 3 + 20 (Justin Reyes, Ariel Filloy, Eli jameson Brooks, Michele Ruzzier, Giovanni Vildera, Giancarlo Ferrero, Francesco Candussi 3) – Assist: 11 (Michele Ruzzier 5)
Acqua S.Bernardo Cantù: Anthony Hickey 29 (8/14, 3/7), Filippo Baldi rossi 17 (5/9, 2/5), Stefan Nikolic 15 (6/8, 1/2), Christian Burns 6 (3/3, 0/1), Riccardo Moraschini 4 (1/2, 0/2), Luca Cesana 3 (0/0, 1/3), Lorenzo Bucarelli 0 (0/4, 0/3), Solomon Young 0 (0/2, 0/1), Nicola Berdini 0 (0/0, 0/0), Curtis Nwohuocha 0 (0/0, 0/0), Gabriele Tarallo 0 (0/0, 0/0)
Tiri liberi: 7 / 13 – Rimbalzi: 29 10 + 19 (Filippo Baldi rossi 9) – Assist: 9 (Stefan Nikolic 4)
Si spegne sul ferro mentre suona la sirena del quarantesimo minuto il sogno di una rimonta che Trieste ha provato a concretizzare dopo essere precipitata a -15 sotto i colpi di un inarrestabile Anthony Hickey. Un sogno che avrebbe materializzato un finale thrilling, con una promozione decisa da un buzzer beater. Ma, a dire la verità, la sconfitta dei biancorossi, primo passo falso nella fin qui inarrestabile marcia nei playoff, ha radici ben più profonde rispetto ad un ultimo tiro preso fuori equilibrio in un secondo e 3 decimi. Ad esempio, nel non essere stati capaci di organizzare con raziocinio l’azione precedente, con tanti secondi a disposizione donati dai regali a ripetizione dalla lunetta gentilmente offerti dai brianzoli canturini. Certo, rimettere in piedi una partita storta, apparentemente nelle salde mani degli ospiti fino a sette minuti dal termine, è uno sforzo che alla quarantunesima partita in stagione si paga con scarsa lucidità quando serve, specie se le rotazioni, per scelta, si riducono sostanzialmente a sei uomini. E dunque, le ragioni della sconfitta vanno ricercate nei lunghi minuti di abulia nei due quarti centrali, con un attacco imballato e basato su isolamenti e pochissima pazienza, che si traducono in una marea di palle perse (se ne perdi 18 in casa in una finale playoff non vinci). E dire che i biancorossi avevano reagito alla prima spallata canturina, a +10 a due minuti dall’intervallo, con una sequenza memorabile di triple con Filloy ed uno scatenato Ferrero che avevano riportato la contesa in parità con gli ospiti che perdevano, presumibilmente per il resto della serie, il loro pezzo pregiato Ricky Moraschini, vittima di un grave infortunio al ginocchio proprio sull’ultimo tiro di Ferrero. Trieste stava giocando da molti minuti senza Francesco Candussi, autore di ottimo inizio ma tolto quasi subito dalla contesa gravato da due fulminei falli. Senza la prima torre, Christian si affida a quintetti fantasiosi e talvolta inediti che lo portano talvolta a giocare senza lunghi affidando al solo ed indifeso Lodo Deangeli l’ingrato compito di blindare il pitturato. A Baldi Rossi non pare vero: smette di provarci da tre e viene servito con costanza sotto canestro, dove non trova resistenza credibile. Con le squadre negli spogliatoi sul 36 pari sembra però tornato il sereno, ma è una sensazione illusoria che gli ottimisti quanto troppo compassati 6300 del Palatrieste si autoconvincono di poter vivere. In realtà i primi minuti di ripresa dimostrano con disarmante evidenza come Cantù continui ad essere in missione (non che avesse alternative all’arrembaggio da “ora o mai più”) e Trieste accusi un calo fisico che aveva mostrato i suoi primi pericolosi segni già in Gara 2, salvata da un finale pirotecnico. Cantù reagisce all’assenza di Moraschini affidandosi al trio Baldi Rossi-Nikolic e soprattutto Hickey. Il play americano surclassa fisicamente Ruzzier, lo batte sistematicamente nell’uno contro uno, trova una tramortente sequenza senza errori, e nelle rare occasioni nelle quali deraglia ci pensa Burns ad infilarsi con troppa facilità nel tagliafuori biancorosso catturando rimbalzi in attacco o depositando direttamente a canestro. Gli ospiti sono padroni del campo, impediscono a Trieste di trovare tiri facili, concedendo la miseria di due canestri dal campo e cinque liberi in dieci minuti. La quarta frazione, però, non è affatto la passerella in totale controllo che Cantù sperava di potersi concedere, soprattutto perchè quando in campo c’è Reyes puoi aspettarti conclusioni da ogni parte dell’attacco. Il portoricano si prende ancora una volta la squadra sulle spalle e a colpi di sportello e di classe rimette in piedi contesa e speranze. Trieste recupera quasi tutto il gap aggrappandosi anche al calo verticale in attacco della squadra di Cagnardi, che sbaglia addirittura gli ultimi quattro liberi nell’ultimo minuto e mezzo. Ma è quel “quasi”, in definitiva mezzo possesso, a fare tutta la differenza del mondo.
Sarebbe interessante comprendere le ragioni della scelta di ricorrere solo per otto minuti -e solo nel primo tempo- ad un Leo Menalo che quando chiamato in causa riesce a sopperire (con qualche affanno) all’assenza di Candussi permettendo a Reyes di poter continuare a giostrare da esterno. O all’accantonamento di un Giancarlo Ferrero apparentemente in fiducia totale, che magari nel momento di massima difficoltà offensiva una pezza avrebbe anche potuto tentare di mettercela. Non porta particolare fatturato la scelta di ricorrere a Brooks come playmaker nei minuti di rifiato di Ruzzier, del resto Stefano Bossi appare in grande affanno contro avversari che lo sovrastano fisicamente lasciando ben poche scelte al coach. Ma, ora, sono discorsi che lasciano il tempo che trovano. Jamion Christian conosce perfettamente le ragioni della sconfitta, e starà già pensando in queste ore a come porvi rimedio. C’è da recuperare più che altro il morale (specie di un Eli Brooks apparso abbattuto dopo il mancato buzzer beater, peraltro preso in condizioni precarie: avrebbe compiuto un vero miracolo), sebbene una serie lunga con Cantù potesse essere messa in preventivo, e comunque ci sarà un’altra occasione in meno di 48 ore con la caccia al biglietto già iniziata al 41esimo minuto. Ed inoltre ci sarà da fare i conti con l’entusiasmo di una Cantù che in troppi davano incautamente per spacciata, e che ha dovuto vincere contro tutto e tutti. Mercoledì non saranno ancora smaltite le tossine fisiche e mentali di Gara 3, del resto recuperare completamente è impossibile, vincerà chi riuscirà a rimanere in piedi più a lungo. Senza dimenticare che Cantù sarà priva di Moraschini, assenza che, a dire la verità, nella dolorosa sconfitta triestina in Gara 3 è pesata più nella testa biancorossa che nelle gambe di Hickey e Baldi Rossi: il gioco canturino è apparso improvvisamente più fluido, più collettivo (al netto dei ripetuti uno contro uno del playmaker americano con la palla nelle sue mani per 20 secondi su 24), più imprevedibile. Attenzione che l’infortunio del Ricky nazionale potrebbe fare più bene che male alla formazione di Cagnardi.
L’appuntamento con la storia è rimandato. I 6347 (record stagionale per la A2) di Gara 3 sanno già dove trascorreranno il mercoledì sera, magari creando un clima un po’ più pressante e meno festaiolo rispetto a quello vissuto nel Monday Night. Dovrà essere il palazzo a trascinare la squadra, a dimostrare di volere e meritare la Serie A, anche perché, dal canto suo, la squadra getterà in campo fino all’ultimo atomo di energia. Dovrà essere, per tutti, un mercoledì da leoni.