tripladetabela

Francesco Freni

Showtime al PalaTrieste: Varese spazzata via

PALLACANESTRO TRIESTE – OPENJOBMETIS VARESE: 107-81 Pallacanestro Trieste: Bossi 3, Ross 10, Reyes n.e., Deangeli (k) 2, Uthoff 9, Ruzzier 6, Campogrande 3, Candussi 13, Brown 20, Brooks 10, Johnson 10, Valentine 21. Allenatore: Jamion Christian. Assistenti: Francesco Taccetti, Francesco Nanni, Nick Schlitzer. Varese: Akobundu-Ehiogu 10, Harris 8, Alviti 5, Gray 4, Librizzi 9, Virginio n.e., Turconi n.e., Assui, Fall, Brown 14, Hands 12, Johnson 19. Allenatore: Herman Mandole. Assistenti: Marco Legovich, Federico Renzetti. Progressivi: 27-15 / 50-32 // 74-53 / 107-81 Parziali: 27-15 / 23-17 // 24-21 / 33-28 Arbitri: Grigioni, Valzani, Marziali. Articolo tratto da Tsportinthecity.it a firma Francesco Freni Prima del risultato. Prima delle statistiche, prima degli aspetti tecnici che consentono una vittoria larghissima ed una posizione in classifica che per una neopromossa sembra una follia, c’è da osservare l’aspetto più evidente, più eclatante, se vogliamo più esaltante della Pallacanestro Trieste targata Arcieri/Christian: questi ragazzi divertono, divertono parecchio, ma ancora prima si divertono, godono nel giocare insieme, si esaltano per i successi dei compagni, ed esaltandosi esaltano il pubblico, che da inizialmente prudente si è trasformato in convinto e da convinto è ora totalmente conquistato. Un circolo virtuoso che nasce dai risultati, naturalmente, ma i risultati, considerato anche il calendario non certo agevole riservato alla Pallacanestro Trieste in questo primo scorcio di stagione, non arrivano di certo per caso. Le vittorie aiutano, certo, però in queste settimane di mania cittadina collettiva per la pallacanestro il club sta accumulando un tale tesoretto di fiducia e popolarità che quando arriveranno – e arriveranno – le difficoltà e le sconfitte, questi ragazzi saranno comunque incoraggiati e sostenuti, aiutati quasi fisicamente ad uscirne. Contro Varese, partita che alla vigilia, nonostante, o forse proprio a causa della dipartita di Nico Mannion presentava qualche insidia soprattutto dal punto di vista dell’approccio mentale, Trieste non fa prigionieri già dal primo minuto. Il defensive coordinator, in settimana, evidentemente ha fatto fare i compiti ai suoi ragazzi: dopo una prestazione ed una vittoria netta a Treviso, nella quale l’unico aspetto potenzialmente capace di far storcere il naso era stato l’atteggiamento difensivo talvolta poco intenso e distratto, la squadra torna ad abbassarsi sulle gambe difendendo in modo asfissiante dalla prima palla a due, anticipando ogni singola linea di passaggio, approfittando in modo esiziale sia della netta superiorità fisica di Colbey Ross su Librizzi, unico playmaker di ruolo rimasto attualmente a disposizione di coach Mandole, sia della superiorità numerica dei lunghi triestini, che blindano il pitturato nemmeno fosse Fort Knox. Contro una quadra che di buono aveva solo il fatto di essere prima in campionato per punti segnati, specie nei primi tempi, Trieste chiude ogni soluzione per tiri da tre comodi, con Hands, Harris e lo stesso Librizzi a tirare poco e male, ed il match winner della partita contro Pistoia Davide Alviti (fermato in settimana dall’influenza ma impossibile da lasciare a riposo) a non imbroccare un solo tiro da tre per tre quarti di partita. Nella metà campo difensiva, già in partenza tallone d’Achille per una squadra che arrivava a Trieste con una media di 102 punti subiti a partita, la notte per la squadra di Mandole è ancora più fonda, complice anche lo stato di grazia dei due ex di lusso, Colbey Ross (subito limitato dai due falli commessi e messo a riposare per più di metà del primo tempo) ed un inarrestabile Markel Brown liberi di seminare letteralmente il panico per imprevedibilità delle iniziative e precisione nelle conclusioni. Al trio, naturalmente, non può rinunciare ad unirsi il chitarrista de noantri, quel mix di genio, follia, tecnica e divertimento che risponde al nome di Denzel Valentine: il barba è un alieno per la difesa lombarda, esegue gli uno contro uno andando ad attaccare il ferro con una semplicità che sembra quasi noncuranza, arrivando al sottomano come se si fosse ancora nel riscaldamento prepartita. Se per qualche motivo la difesa avversaria azzecca il cambio giusto e ne impedisce la penetrazione, arresta il palleggio in una frazione di secondo e fa partire bombe incurante della distanza dal canestro, tendenzialmente centrandolo. Detta così, sembrerebbe la descrizione del solito individualista narcisista mangiapalloni. Oddio, il buon Denzel un po’ narcisista non si può negare che lo sia, ma se un giocatore risulta anche il miglior assistman della serata (con un paio di palloni fatti passare come di consueto dietro la schiena, sopra la testa o sotto le gambe), nonché il miglior rimbalzista della squadra, allora ci si deve arrendere all’evidenza di quanto i suoi detrattori milanesi abbiano preso un clamoroso abbaglio definendolo un bluff. Vederlo a fine partita circondato da un nugolo di bambini adoranti in cerca di un cinque, un selfie o un autografo riempie di per sé il cuore. Solita partita in pantofole per tutti gli altri. A Michele Ruzzier viene concesso un maggiore minutaggio a causa dell’uscita prudenziale di Ross, e Michele risponde con una partita giudiziosa ed ordinata, in cui detta i tempi giusti, spinge a 100 all’ora quando c’è da correre in contropiede, rallenta quando c’è da ragionare e spegnere le -rare- fiammate di Varese. Uthoff è come sempre un ice-man tuttofare di una efficienza indispensabile per l’economia della squadra, Brooks, anche se sbaglia il primo tiro da quattro partite a questa parte (tirando comunque 4 su 5 da due e 2 su 2 ai liberi) dimostra di possedere un clamoroso tempismo a rimbalzo e nel tap in, che gli permette di convertire in punti gli errori al tiro dei compagni. E poi, anche lui, come Valentine, è dotato di quella innata capacità istrionica capace di infiammare la folla. Johnson sembra meno a suo agio rispetto a Treviso, ma va comunque comodamente in doppia cifra, sgomita, cattura rimbalzi, ci prova anche da post basso anche se la presenza di Akobundu-Ehiogu è fisicamente intimidatoria, però la squadra di Christian è scaltra nello sfruttare ogni singolo mismatch che porta un piccolo a difendere su un lungo: lo fa più volte con Brooks, Uthoff, Candussi, lo stesso Johnson.  Le cifre, come detto, in una partita del genere arrivano dopo il pathos all’interno del palazzetto, dopo