(Photo Credit: sito ufficiale Pallacanestro Trieste)
Articolo tratto da Tsportinthecity.it a firma Francesco Freni
Acqua S.Bernardo Cantù – Pallacanestro Trieste 65-72 (15-25, 17-21, 20-9, 13-17)
Acqua S.Bernardo Cantù: Anthony Hickey 16 (1/3, 4/12), Lorenzo Bucarelli 12 (1/3, 2/8), Solomon Young 11 (1/2, 2/5), Stefan Nikolic 11 (3/4, 1/2), Filippo Baldi rossi 8 (4/5, 0/7), Riccardo Moraschini 4 (2/3, 0/4), Christian Burns 3 (1/5, 0/2), Luca Cesana 0 (0/0, 0/0), Edoardo Del cadia 0 (0/0, 0/0), Gabriele Tarallo 0 (0/0, 0/0), Carlo Tosetti 0 (0/0, 0/0), Nicola Berdini 0 (0/0, 0/0)
Tiri liberi: 12 / 15 – Rimbalzi: 32 10 + 22 (Christian Burns 6) – Assist: 19 (Anthony Hickey, Lorenzo Bucarelli, Solomon Young, Filippo Baldi rossi 4)
Pallacanestro Trieste: Justin Reyes 19 (5/10, 2/4), Michele Ruzzier 11 (3/6, 1/6), Ariel Filloy 11 (1/2, 3/6), Giovanni Vildera 10 (5/8, 0/0), Eli jameson Brooks 7 (2/5, 1/6), Francesco Candussi 7 (2/3, 1/2), Leo Menalo 4 (2/2, 0/1), Giancarlo Ferrero 3 (0/0, 1/1), Lodovico Deangeli 0 (0/0, 0/0), Stefano Bossi 0 (0/2, 0/3), Danny Camporeale 0 (0/0, 0/0)
Tiri liberi: 5 / 6 – Rimbalzi: 29 9 + 20 (Ariel Filloy, Giovanni Vildera 6) – Assist: 16 (Michele Ruzzier 6)
E sono 7, percorso netto. E’ quasi un peccato che i capolavori a ripetizione pennellati da questa Pallacanestro Trieste new wave siano avvenuti perlopiù lontano dagli occhi dei suoi tifosi al Palatrieste, sebbene il sacco di Desio in Gara 1 doni ai biancorossi la doppia clamorosa opportunità di giocarsi la stagione (ed il futuro) in casa. Il sold out fatto registrare a scatola chiusa nel primo giorno di vendita dei biglietti per Gara 3 fa solo presagire l’atmosfera che si respirerà in via Flavia la prossima settimana.
Ma a lunedì prossimo manca ancora una vita, ed oggi c’è l’ennesima impresa da raccontare. Per carità, è solo uno step in più che avvicina il target delle 9 vittorie, con le due che mancano che dovranno essere conquistate con i denti, il sudore, la determinazione e la ferocia mentale di cui, però, questa squadra dimostra sorprendentemente di disporre ancora in abbondanza. A Desio, davanti a quasi 6000 indemoniati che come previsto rendono l’ambiente una vera bolgia dantesca, la squadra di Christian realizza forse l’impresa più complicata, la più difficile da interpretare anche dal punto di vista dell’approccio tecnico e mentale dall’inizio della post season. Una solidità che la rende un vero animale da playoff, nel senso che ormai dà il meglio di sé quando il gioco si fa fisico, duro, talvolta sporco, la tensione attanaglia gambe e braccia, l’acido lattico impedisce i movimenti: insomma, quando la posta in palio ha un valore inestimabile ed è necessario dar fondo ad ogni stilla di energia per conquistarla. E c’è poco da aggrapparsi al luogo comune che vuole la pressione di Gara 1 tutta appoggiata sulle spalle della squadra di casa, perchè un team arrivato secondo nel suo girone, che ha vinto con autorità a Trapani, Forlì ed Udine, davanti ad un pubblico capace di infondere coraggio ed energia supplementare nelle gambe e nella testa di giocatori dalle carriere lunghe e luminose, non può soccombere solo per l’ansia da prestazione, per la consapevolezza che in caso di fallimento avrebbe perso il vantaggio del fattore campo, per la paura di vincere. E’ necessaria anche la fattiva collaborazione della squadra avversaria, arrivata in Brianza con la leggerezza e la faccia tosta di chi è molto ben consapevole dei propri mezzi, di chi ha studiato giorno e notte per arrivare pronto all’esame, di chi arde del sacro fuoco della motivazione, di chi sa di avere ancora molta benzina nelle gambe. Trieste, oggi, è questa cosa qui: una meccanismo che non sai mai come fare inceppare, perchè trova sempre soluzioni alternative, non si arrende per la prestazione sotto standard di un protagonista annunciato perchè ne trova sempre di altri anche nell’arco degli stessi 40 minuti, che non puoi sorprendere perchè sembra sempre un passo avanti alle tue soluzioni.
La squadra di Christian lascia sfogare sorniona l’avvio intensissimo di Cantù, sa che la squadra brianzola vuole lanciarle un messaggio preciso, ed al contempo vuole mettere in ritmo da subito anche i 6000 spettatori. Hickey è indemoniato ma poco preciso, Baldi Rossi, invece, è un uomo in missione: tira da tre, schiaccia, recupera palloni, cattura rimbalzi. Quando però Michele Ruzzier decide che l’esibizione iniziale della squadra di Cagnardi possa considerarsi compiuta, il messaggio lo manda lui, forte e chiaro. Un paio di penetrazioni al ferro, un paio di assist, Trieste si mette al comando ed inizia a mettere paura anche in difesa alla formazione lombarda, costretta sistematicamente a prendere tiri dalla distanza (con scarsi risultati) o ad andare a segno in transizione primaria. Sull’altro lato del campo, Trieste è un po’ più macchinosa del solito nel costruire i tiri, sebbene quando riesce a saltare la prima linea difensiva nell’uno contro uno crei sistematicamente situazioni di vantaggio: la difesa lombarda collassa sul penetrante? Assist e tiro dall’arco piedi a terra con chilometri di vantaggio. Non arriva l’aiuto? Si arriva al ferro. La squadra di Christian diventa sempre più fluida e di pari passo acquisisce fiducia con il passare dei minuti, contrapposta ad un attacco brianzolo costantemente lento, macchinoso, quasi sorpreso dall’aggressività triestina. Il gap si dilata, nel secondo quarto tocca i 17 punti, e la partita sembra avviarsi verso il solito monologo biancorosso. Troppo bello per essere vero: ed infatti, come previsto, in apertura di secondo tempo Cantù torna a fare Cantù. E’ probabile che il coach in spogliatoio abbia fatto ben comprendere ai sui giocatori come, in assenza di una scossa decisa, l’inerzia della partita avrebbe portato verso una sconfitta inevitabile. La sua squadra reagisce da par suo, impedendo letteralmente a Trieste di arrivare al tiro. Hickey ruba millemila palloni, le conclusioni triestine, quando arrivano, sono forzate ed a bassissima percentuale. L’attacco biancorosso produce un canestro in penetrazione ed una fortunosa tripla di tabella, ma i 14 punti di vantaggio che separavano le due squadre al riposo sono totalmente annullati nel breve volgere di 7 minuti. Ma per assurdo è proprio in questo momento, nei minuti di massima difficoltà corrispondenti al massimo sforzo dei padroni di casa, che davanti al loro pubblico avevano perso solo un paio di volte da ottobre in poi, con l’inerzia tutta in mano a Hickey e Nikolic, in un frastuono indescrivibile, che Trieste dimostra di essere ormai matura, di essere, infine, quella grande squadra che non si era nemmeno intravista nella stagione regolare. I biancorossi reggono l’urto, una volta finiti sotto anche di tre punti non fanno una piega, non snaturano il loro gioco, non cercano forzature da frustrazione, non commettono falli ingenui o inutili. Rimangono sul pezzo, lasciano che la poderosa fiammata di Cantù -che tanto non avrebbero potuto arginare con le buone- esaurisca la sua forza d’urto e si riprendono improvvisamente in mano la partita sul finire del terzo quarto, riconquistando quei quattro-cinque punti di vantaggio che, sebbene non certo rassicurante, è capace di dare la mazzata al morale di una squadra che si sentiva ormai definitivamente padrona della contesa. Nella quarta frazione è per l’ennesima volta l’esperienza dei go-to men biancorossi a materializzare l’impresa: in attacco è finalmente Reyes a prendere per mano la squadra, talvolta esagerando nelle forzature da sotto, ma sempre in grado di attrarre a sé tre o quattro avversari creando ettari di libertà per i compagni. Filloy segna da dietro il tabellone, Ruzzier gestisce i ritmi come se avesse un cronometro biologico installato nelle gambe, o più probabilmente nel cervello. Vildera è il solito fighter, e così gli avversari rimangono sempre lì, in un angolo, incapaci di ritrovare il bandolo del gioco e riportarsi a meno di due possessi di svantaggio. Si spengono anche dal punto di vista fisico, pagando con interessi usurai lo sforzo compiuto nei dieci minuti precedenti. Trieste torna ad essere granitica in difesa, sfidando Cantù a cercare conclusioni improbabili da otto metri ed impedendo sistematicamente l’attacco al ferro. E’ lenta nel chiudere sull’extra pass che libera il tiratore da tre (Nikolic) in un paio di occasioni, e concede ancora troppi rimbalzi offensivi, ma i brianzoli sono ormai troppo poco lucidi per capitalizzare i secondi e terzi possessi. Si finisce con Moraschini e Baldi Rossi letteralmente sulle gambe, mentre le riserve di energia triestina vengono utilizzate con il contagocce, ne viene impiegato solo lo stretto necessario per segnare il primo punto nella serie: ogni atomo di energia residua sarà infatti fondamentale nelle prossime battaglie. Christian, oltre ai suoi pretoriani, trova protagonisti diversi durante la partita, anche se sono solo sei i giocatori ad avvicinarsi o superare i trenta minuti di impiego: come prevedibile permane la scelta di affidarsi a rotazioni limitatissime, ma questo porta al coach il fatturato necessario. Alla fine saranno ben 4 gli uomini in doppia cifra, ma anche chi ha pochi minuti a disposizione getta sul parquet tutto quello che ha: Lodo Deangeli è un demonio in difesa, Leo Menalo è eccezionale nel contenere Baldi Rossi e trova anche una schiacciatona a due mani, al beccatissimo Ferrero (storico capitano degli arcirivali di Varese) vengono concessi solo alcuni istanti da “special team” ma la tripla di tabella del +14 per lui, in questo palazzetto e contro questi tifosi, vale 6. Francesco Candussi, parzialmente limitato dai falli ma comunque autore di un paio di conclusioni clamorose che dimostrano la varietà infinita del suo arsenale, esce acciaccato negli istanti finali di partita, ma sembra abbia subito semplicemente un colpo che non dovrebbe aver causato particolari danni. Il buon Francesco Gara 2 la giocherebbe anche su una gamba sola, ma le sue condizioni saranno comunque monitorate nelle prossime ore.
Trieste compie un passo importante verso il suo obiettivo (un passo che sembra un salto triplo, per la verità), ma non si deve illudere che l’avversaria si arrenda, né in Gara 2 e neanche in trasferta in via Flavia. Rimane ancora una scalata ripidissima da compiere, a cominciare da una seconda partita della serie nella quale i brianzoli saranno già con le spalle al muro e scateneranno senza risparmiarsi tutto il loro arsenale. Questa Trieste, anche la Trieste del terzo quarto, impacciata in attacco ma capace di resistere all’assedio barcollando senza cadere, è però perfettamente in grado di ripetersi. In altre parole, Gara 2 potrà rivelarsi la sliding door dell’intera stagione per entrambe le finaliste. Una cosa, però, è certa: questa prova di maturità fa sì che il mondo a spicchi si accorga infine dell’esistenza dell’underdog. Un underdog sì, ma capace, di mordere duramente.