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Dimostrazione di forza di Trieste nel primo derby con Udine

(Photo Credit Pallacanestro Trieste)

Articolo tratto da Tsportinthecity.it, di Francesco Freni

Il concetto lo esprime chiaro coach Vertemati in sala stampa: “E’ un peccato che partite del genere arrivino così presto in stagione: partita intensa, con strappi da una parte e dall’altra, gesti tecnici di elevatissimo livello, giocatori super determinati e motivati, bellissima atmosfera nel palazzetto… e dobbiamo ancora iniziare”.

Pronti-via, sembra già campionato

Quello fra Trieste ed Udine, a due settimane dall’inizio della stagione regolare, è una partita vera, con entrambe le squadre che presentano ampissimi margini di miglioramento ma che (complice un ambiente già carico da settimane) non hanno la minima intenzione di lasciar passare i rivali, accantonando calcoli sulla convenienza di regalarsi un paio di settimane tranquille, in cui recuperare dal punto di vista atletico, mettere a punto gli ultimi particolari tecnici, evitare il rischio di infortuni. Calcoli che probabilmente stanno solo nella testa dei giornalisti, dal momento che credere veramente che gente come Filloy o Da Ros, Reyes o Clark non scendano in campo con l’unico obiettivo di conquistare la vittoria in ogni partita è perlomeno avventuroso.

Nel primo derby regionale “che conta” il Palatrieste presenta già un discreto colpo d’occhio, con circa tremila spettatori, la curva strapiena e decibel a palla, ed una buona rappresentanza di tifosi ospiti a metterci un po’ di pepe. Entrambe le squadre si presentano incomplete, e sono assenze pesanti: Vertemati deve ancora rinunciare a Raphael Gaspardo, che quest’anno non è ancora mai sceso in campo, mentre Jamion Christian tiene a riposo Vildera (caviglia malconcia per lui, ma dovrebbe già essere disponibile per la prossima partita) e non impiega Stefano Bossi. In compenso il pubblico triestino può finalmente ammirare l’esordio -già in quintetto- di un Justin Reyes apparso perfettamente in forma, molto indietro nel processo di inserimento dei meccanismi sui due lati del campo ma talmente reattivo, veloce sulle gambe, dotato di capacità di elevazione, da essere già in grado di realizzare una doppia doppia da 12 punti e 12 rimbalzi nonostante un migliorabile 25% al tiro, conditi da 5 assist ed una stoppata. 

Molti i punti di forza

Trieste parte fortissimo, neanche il tempo di abituarsi all’idea del ritorno del derby ed è già 10-2. Fra break e controbreak, momenti di caos in campo, altri periodi di basket godibilissimo nei quali le due squadre rispondono colpo su colpo, la squadra di Christian condurrà nel punteggio per tutti e quaranta i minuti. E, come dimostrato in questa pre season, lo farà trovando soluzioni e protagonisti diversi nell’arco del match, con il coach capace di comprendere cosa non va nel piano partita (stavolta, ad esempio, Udine difende benissimo su Filloy e Campogrande e dunque le polveri triestine da oltre l’arco sono bagnate) ed adattarlo in corsa. Anche perché dispone di giocatori multidimensionali, capaci di ricoprire più ruoli e svolgere senza snaturarsi molti compiti diversi. Reyes dimostra buone capacità di handling ed in un paio di occasioni porta su palla, ma lo si vede spesso anche sgomitare con Marcos Delia spalle a canestro, ricevere il pallone sull’extra pass per il tiro da tre, attaccare il ferro sfruttando il pick and roll. Brooks, dal canto suo, convive alla grande in campo con Ruzzier, ne condivide le responsabilità in fase di costruzione del gioco, è un metronomo nel dettare i ritmi senza forzature intuendo come un veterano il mood della fase dell’incontro. E poi, Christian si ritrova nel roster un valore aggiunto che probabilmente nessuna squadra nella categoria può vantare: Francesco Candussi è un lungo moderno, che anche solo entrando in campo scombina gli equilibri costringendo gli avversari a fare una scelta fra tentare di arginarlo raddoppiandolo sul perimetro (lasciando scoperto il pitturato) o “battezzarlo” consentendogli di colpire da lontano blindando l’area in vista di un possibile rimbalzo o di un assist sotto canestro, ma con la mano educata dai 6.75 che dimostra di avere il lungo di Cervignano, tale seconda opzione potrebbe rivelarsi dolorosa. Ruzzier e Filloy, pur in una serata non particolarmente brillante, donano le consuete perle di sapienza e di esperienza cestistica quando la partita lo richiede, e comunque ci sono di rincalzo anche Deangeli, Ferrero e Campogrande a metterci una pezza nelle rare occasioni nelle quali i tenori prendono una stecca clamorosa.

A colpire positivamente, al di là delle individualità, è però lo spirito combattivo della squadra: il marchio di fabbrica di Jamion Christian è costituito da rotazioni vorticose, durante l’incontro un quintetto non resta mai uguale per più di un paio di minuti, togliendo punti di riferimento agli avversari. Ma, senza protagonismi o mugugni per gli avvicendamenti, chiunque entra in campo getta il cuore sul parquet. In una partita semi inutile di metà settembre si tuffano in tre con la testa fra le gambe degli avversari per recuperare una palla vagante, ogni tentativo di recupero degli avversari viene fisicamente (ancor prima che tecnicamente) demolito. Francesco Candussi in sala stampa definisce tutto ciò “talento diffuso”, immagine che di per sé riassume perfettamente il concetto. E questo, ben oltre la categoria, piace alla gente: il flirt timidamente sbocciato con le prime uscite amichevoli non potrà che prendere più forza dopo le due vittorie nei derby, tornando ad essere l’amore adulto che è stato dal 2017 al 2020. La squadra torna a donarsi come in una comunione con la sua gente: erano ormai anni che al termine della partita non si vedeva un giro di campo per salutare i tifosi, dare i cinque ai ragazzini, immergersi nella città.

Ampi margini di miglioramento

Certo, c’è ancora molto da mettere a punto. Intanto è fondamentale inserire in corsa, a tappe forzate, un Justin Reyes che dal canto suo sembra assolutamente ben disposto a calarsi nelle vesti del match winner anche in una categoria che non gli appartiene nemmeno lontanamente. E poi, continua ad esserci qualche falla nei meccanismi difensivi, con ancora troppi rimbalzi offensivi concessi (undici contro Udine) e ritardi negli aiuti sul perimetro, costati una pioggia di triple che si sarebbe potuta rivelare decisiva. Caroti, Monaldi e Alibegovic, al di là di qualche jolly pescato con la mano del difensore sulla faccia, sono spesso stati lasciati liberi di tirare piedi a terra con chilometri di libertà, con responsabilità biancorosse che vanno ben oltre la capacità degli uomini di Vertemati di piazzare con continuità l’extrapass vincente. Ed infine, rimane un mistero la gestione di Stefano Bossi, che avendo esordito a Cividale sembra aver superato i problemi fisici che lo avevano tenuto fermo nella prima fase della pre season. In una squadra nella quale Ruzzier, Brooks, Filloy, finanche Reyes possono essere in grado di fare la point guard, lo spazio ridottissimo concesso al play triestino (primo confermato da Arcieri) potrebbe non essere per lui particolarmente soddisfacente. Sembra abbastanza probabile che della questione si capirà qualcosa di più nei prossimi giorni. 

Il prossimo futuro

Ora, però, la città dovrà rispondere presente nelle due settimane che rimangono prima dell’esordio contro Orzinuovi. Due V in altrettanti incontri contro Cividale ed Udine, due dimostrazioni di forza, un futuro che sembra arridere a Jamion Christian ed i suoi ragazzi: le 2500 tessere poste come obiettivo dalla società non possono, non devono rimanere un’utopia. 

Intanto, la vittoria del derby, di per sé stesso importante, porta anche in dote la qualificazione di Trieste ai quarti di finale di Supercoppa. I biancorossi, da teste di serie, giocheranno in casa martedì 19 settembre una partita secca con un’avversaria che scopriranno nella serata di sabato. In caso di successo, parteciperanno alle final four nel weekend del 23-24 settembre a Montecatini. 

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